Il Sommergibile Malachite (bollettino di guerra 914) - Raccontato dall'ex sottocapo Pelillo Pasquale, attualmente Capo di I°
La notte del 23 novembre 1942, notte così pulita e fosforescente che sembrava fatta apposta per mettere in maggiore rilievo il sommergibile in emersione, nonostante la luna.
Il Comandante Cinti, ci portò tanto vicino all'imboccatura della Baia di Philippeville, dove si vedevano chiaramente le onde frangersi contro le banchine del porto, le case della città biancheggiare come fossero di gesso, gli alberi del lungomare agitati dal vento, Philipeville senza un lume alle finestre senza una lampada per le vie, in uno scuramento di guerra perfetto.
A questo punto il Comandante Cinti sotto quel plenilunio che illuminava a giorno il mare, vide una motosilurante nemica avventarsi alla distanza di tre o quattro miglia, verso il sommergibile e ordinò immediatamente la rapida immersione.
Fu soltanto più tardi, quando gli idrofoni, esplorando bene bene il mare diedero la certezza della zona libera, che effettuammo l'emersione e senza indugio il Comandante ci spinse sotto la costa; adesso la nuvolaggine, mettendo ogni tanto uno schermo allo sfacciato chiarore della luna aiutava il nostro compito.
Quando però il riflettore della luna si riaccendeva, tutto tornava improvvisamente terso ed allucinante.
Ci allontanammo dalla Baia di Philipeville, non c'erano navi nemiche ma non era detto che non ce ne fossero nei dintorni, infatti fu proprio ad una decina di miglia dalla costa al largo di Capo de Fer, in una zona dove il nemico doveva sentirsi abbastanza sicuro che avvistammo una formazione composta da quattro piroscafi e tre cacciatorpediniere di scorta.
Il Comandante Cinti capì subito che una delle quattro navi era una petroliera.
Il sommergibile aveva la luna alle spalle e appariva sullo sfondo del cielo, tanto che la petroliera ci avvistò e cominciò a spararci contro con il cannone.
Il Comandante Cinti ordinò subito il lancio di due siluri verso il piroscafo di testa e sentimmo un fortissimo scoppio con accompagnamento di vampe di fuoco.
Ormai il piroscafo era perduto, si arrestò di colpo come fecero le altre navi che gli si affollarono intorno, proprio come si fa con un infortunato sulla pubblica via.
I cacciatorpediniere in circostanze simili non possono usare le bombe di profondità come è comprensibile in caso di naufraghi in mare.
Mentre tutto questo accadeva altri due siluri erano partiti contro la petroliera che illuminata dai razzi dei cacciatorpediniere continuava a spararci cannonate sino a quando non è esplosa inabissandosi.
Era arrivato il momento di effettuare l'immersione e per tutto il giorno seguente restammo fermi sul fondo ad ascoltare il gran "passeggiare" di navi sopra la torretta, un ansimare di turbine, un avvicinarsi ed allontanarsi di motori.
Ci allontanammo dalla zona e con l'ultima emersione navigammo diretti alla nostra base di Cagliari.
Pasquale Pelillo
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