L'immersione sul sito archeologico la "Romana"

Foto subacquee
L'art. sull'Unione Sarda


IL MISTERO - 129 metri  (ANNO  2000)
 
Fu durante una battuta di pesca che Pietro, un amico pescatore mio e di Enrico salpò un'anfora con le reti in un sito nel quale si dedicava da anni alla pesca di aragoste.
Quando lo conoscemmo, ci raccontò questo particolare che non ci lasciò certo indifferenti e ci disse che denunciò alla Soprintendenza ai Beni Culturali l'anfora e il relativo punto del ritrovamento, ma  nessuno si  prodigò a verificare cosa si celasse a quella profondità.
Da subacquei "esploratori" io e Enrico avevamo il compito e il desiderio di svelare questo mistero ma la profondità nella quale ci saremmo dovuti immergere era impegnativa -129 metri e a causa della forte corrente sul fondo e l'acqua torbida non riuscimmo in due immersioni distinte (prima Enrico e poi io) a delinearne la vera natura. 
Lo scandaglio ci dava un segnale evidente ma non potevamo azzardare ipotesi prima di aver verificato e documentato cosa si nascondesse   la sotto. L'inverno era alle porte e a quel punto parlammo con Pietro decidendo di  aspettare tempi migliori per realizzare delle immersioni che ci consentissero di svelare ciò che si celava dietro quel segnale marcato con un rialzo dal fondo di circa quattro metri.
Prima della scomparsa di Enrico non avemmo più l'opportunità di immergerci anche a causa delle condizioni meteo che ci impedirono di recarci con tranquillità in una zona così tanto distante dalla costa.
 
 
LA ROMANA, L'IMMERSIONE NEL PASSATO  -129 metri.  (ANNO 2003)
 
Nell'anno 2001,dopo aver realizzato i filmati e divulgato le scoperte relative al "Sommergibile Malachite e l'idrovolante PBY  Catalina", cercai diverse volte di organizzare l'immersione sul sito che ci indicò Pietro senza mai riuscirci e tutto l'anno 2002 trascorse realizzando ricerche, immersioni e filmati su altri siti.
Una mattina non preceduta da organizzazioni particolari e nella quale il tempo sembrava buono decisi di ritentare partendo con  gli amici Andrea, Emanuele e Elisabetta, ma dopo circa dieci minuti di navigazione e nonostante il pochissimo vento, un mare morto di scirocco ci impedì di proseguire e dovemmo desistere; ero sconfortato dal fatto che in più di due anni non avessi ancora riscontrato cosa ci fosse veramente la sotto e devo ammettere che stavo pensando che forse non ci sarei mai riuscito. 
In caso di peggioramento delle condizioni meteo durante le lunghe fasi decompressive che avrei dovuto obbligatoriamente affrontare sarei potuto incorrere in seri problemi, amplificati sopratutto dalla notevole distanza da terra.
La sera stessa a  malincuore rismontavo l'attrezzatura che mi sarebbe servita per immergermi la mattina e l'indomani ero a Cagliari, ricontrollai il bollettino meteo dei giorni a venire che prevedeva venti di direzione variabile a carattere di brezza e a quel punto  non esitai neppure un istante, chiesi a mio padre se mi accompagnava, telefonai ad Andrea che era già a Santa Margherita e alle 11,30 ero al porto di Perd'è Sali per ripreparare l'attrezzatura che consisteva in:
un bibombola da 15+15 litri caricato a 270 bar in trimix da utilizzare come miscela di fondo, composta da un 11% di ossigeno, un 58% di elio e un 31% di azoto, un mono da 10 litri di aria che completava il tribombola e due monobombola da 10 litri sui fianchi, caricati rispettivamente con aria e  nitrox al 50% di ossigeno, casco con luce video da 150 watt HID e apertura a 110°, telecamera con quattro fari da 75 watt ognuno, due computer (che avrebbero avuto solo la funzione di profondimetri), orologio con cronografo, tabelle decompressive con diversi tempi di fondo, due reel con palloni ecc...ecc...
Agganciai il gommone e partii alla volta di Teulada, mentre Emanuele partiva da Cagliari e ci avrebbe raggiunti per assistere alla immersione e aiutarci.
Quando arrivammo a Teulada vedere il mare calmo mi mise il buonumore, ero concentratissimo e molto determinato, i miei amici parlavano con mio padre e mi resi conto di non partecipare, la mia testa era già sott'acqua e i miei gesti durante la preparazione dell'attrezzatura erano automatici anche perchè già compiuti centinaia di volte.
Tutto era pronto e partimmo, Andrea timonava e Emanuele mi dava una mano a sollevare il tribombola dal fondo del gommone al pianale di prua e agganciare il pacco batteria  che era collegato tramite il cavo al casco e alla luce video; cominciai a vestirmi, sottomuta in Thinsulate 0°, muta stagna da 2 mm. in precompresso  che chiusi attraverso la cerniera stagna anteriore sentendomi a quel punto completamente isolato da tutto ciò che mi circondava.
Quando arrivammo sul punto la costa non si vedeva più e una grossa petroliera navigava molto più a terra rispetto a noi e lo scandaglio a colori iniziò a indicarci attraverso il  visore quel misterioso rialzo di circa 4 metri che si sollevava dal fondo e che avevo già visto altre volte. Segnalammo il punto  gettando il pedagno che scese velocissimo  inghiottito dal mare, ero pronto, mi sedetti e indossai il gav con il tribombola, collegai la frusta della bassa pressione dell'aria alla muta stagna, posizionai i due erogatori del trimix a sinistra, quello dell'aria a destra, maschere (una di riserva nella tasca posizionata sulla gamba sinistra della muta), casco ecc...
Andrea e Emanuele mi diedero una mano a sollevarmi, sedermi sul tubolare, agganciarmi le due bombole da fianco e mentre mio padre timonava dirigendosi oltre il pedagno contro scarroccio, mi tuffai e  mi porsero velocemente la telecamera che accesi e agganciai con i due estendibili al gav.
Nonostante il peso e sopratutto l'ingombro e il volume dell'attrezzatura che dovevo portarmi dietro stavo benissimo, la respirazione era regolarissima, il mio stato psicofisico eccellente, formavo con la mia attrezzatura un "corpo unico" e dopo mezzo minuto in superficie (potevo permettermelo per le condizioni meteo eccezionalmente belle) a ricontrollare la posizione delle fruste del trimix, la telecamera, i due corrugati del gav ecc... partii e iniziai la discesa, erano le 15,20.
Senza mai perdere di vista il filo del pedagno che mi avrebbe indicato la via da seguire durante la discesa, con la mano destra tenevo la telecamera e con la sinistra dovevo compensare, gonfiare la muta stagna,  rallentare la corsa verso il fondo intervenendo sul gav e a 70 metri avrei dovuto cambiare gas passando dall'aria al trimix, ma come faccio quasi sempre (perchè abituato a realizzare immersioni molto profonde ad aria)  iniziai a respirarlo oltre, ed esattamente a 105 metri; arrivato a quella quota dovetti rallentare  la discesa in quanto la velocità  aumentava parecchio e non sarei riuscito a tenere la telecamera ben puntata in assetto con una sola mano.  
Mentre gonfiavo il sacco principale del gav attraverso il corrugato di sinistra per rallentare, mi resi conto che la frusta non mandava aria velocemente e passai subito a gonfiare il sacco di riserva con il corrugato di destra, ma in seguito avrei dovuto anche eliminare l'aria che avevo immesso nel sacco principale, operazione che feci dopo  in modo da poter gestire meglio l'assetto e successivamente la risalita.
La discesa durò cinque minuti e mezzo, molti per quanto mi riguarda ma purtroppo non potei ridurne i tempi in quanto la corrente di scirocco anche se non forte, mi accompagnò dalla superficie fino al fondo impedendomi di scendere perfettamente in  verticale e per non perdere visivamente il filo del pedagno dovetti pinneggiare  orizzontalmente con tutta quella attrezzatura per contrastarne la deriva. 
A -123 metri cominciai a intravedere il fondo e feci scattare il cronografo per calcolare i tempi di permanenza, avevo tutti i fari accesi, c'era più buio che penombra e nonostante ciò cominciai a vedere anfore dappertutto, stavo filmando l'acqua era limpidissima, sollevando la testa, di fronte a me si delineò uno spettacolo unico che mi emozionò, una montagna di anfore di circa 4 metri di altezza per molti di lunghezza  e stabilii subito dopo che si trattava di circa 20-30 metri e intuii che la nave che trasportava il carico doveva essere stata  di grandi dimensioni.
Non mi sembrava di vivere la realtà, era come se avessi fatto un salto nel passato e nonostante quella atmosfera irreale accentuata anche dalla profondità nella quale mi trovavo capii che stavo documentando qualcosa di meraviglioso che era rimasto inviolato per circa 2000 anni e che ero il primo che riusciva a immortalare tutto questo a quella profondità, particolare non di poco conto per chi come me privilegia l'esplorazione subacquea e l'immersione profonda.
Controllai il manometro del trimix e il cronografo che mi segnalò di aver già trascorso un minuto e mezzo sul fondo ed estasiato per ciò che stavo vedendo e nonostante una leggera corrente di scirocco svolazzavo a -129 metri filmando il carico enorme di anfore (di almeno quattro tipi differenti) piatti e vassoi che sovrastava con il suo notevole peso i resti della nave che erano ovviamente schiacciati e giacevano a diversi metri sotto il fango.
Continuavo a filmare il sito che sembrava non finisse mai stimando in qualche migliaio il numero di anfore visivamente intatte per il 99% e a farmi riprendere il contatto con la realtà ci pensarono delle grosse aragoste che vidi come appollaiate e noncuranti della mia presenza.
Dopo aver trascorso otto minuti sul fondo iniziai la risalita abbandonando a malincuore quello spettacolo,  sostai a 85 metri lanciando attraverso il reel il pallone di segnalazione verso la superficie e feci il primo "deep stop" di due minuti a 75 metri abbandonando il "trimix" e respirando aria, il secondo a 45 metri di un minuto, il successivo a 36 metri e infine a 27 metri; dai 21 metri fino ai 9 partii con le tappe decompressive respirando "EAN 50" e dagli 8 metri iniziai a respirare "Ossigeno al 100%" che mi veniva calato dalla superficie con un narghilè e due erogatori.
Dopo poco più di due ore ed esattamente alle 17,40 riemersi, inutile dire che ero felice e non stavo nella pelle, chi si è trovato in situazioni simili può capire cosa provassi anche perchè finalmente ero riuscito a vedere e filmare ciò che si nascondeva la sotto, una nave romana sommersa da tutto il suo carico intatto, "un tesoro archeologico di grande valore storico".
Non appena arrivammo a Perd'è Sali e entrai in casa, collegai immediatamente la telecamera al televisore per poter visionare insieme a mio padre, Andrea e Emanuele il risultato di quella immersione; quando feci partire il filmato non si sentiva volare una mosca e i cinque minuti e mezzo  necessari per la discesa non finivano mai, avevamo tutti una fame da lupi ma nessuno voleva alzarsi per mangiare qualcosa e come d'incanto le immagini mostrarono un vero e proprio tappeto di anfore sul fondo e poi la montagna di quattro metri.
Le immagini erano nitidissime e non sembrava  provenissero da quella profondità, eravamo tutti eccitatissimi e credo ci possano essere poche immersioni affascinanti e appaganti come quelle realizzate sul "Sommergibile Malachite e la Romana" e mi reputo fortunato per averle potute compiere  immortalandole con bellissimi filmati.
L'euforia e la felicità che ho provato sono state sensazioni uniche e indescrivibili e mi sento di dedicare queste e le immersioni future a due grandi subacquei a me molto cari, entrambi innamorati e affascinati da queste profondità e ritrovamenti, Enrico e mio fratello Alessio. 
Adesso dovevo dare la bella notizia a Pietro e informare la Soprintendenza ai Beni Culturali relativamente alla scoperta.